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Robin Round Story

V - UMANO, NON UMANO di Orbix

"Questa Betty mi affascina", disse Enrico mentre uscivano dal palazzo, un vecchio edificio in mattoni di inizio novecento, a cui era stato applicato uno strato di resina isolante. Visto al tramonto, con i riflessi del sole sul lucido strato di polimeri che proteggevano i muri dagli effetti delle piogge acide, sembrava costruito con il Lego.

La risposta di Blake fu stranamente pronta, almeno rispetto ai suoi standard: "Vabbe` che non e` malaccio, capo, ma non sapevo che lei avesse cambiato gusti improvvisamente..." Enrico lo fulmino` con un'occhiata.

"Voglio dire che quella donna ha qualcosa di unico. Ho scandagliato la sua mente con discrezione per tutto il tempo che siamo stati la` dentro, e tutto quel che posso dire e` che sono sconcertato. La sua mente sembra umana: la nitidezza e la profondita` dei ricordi, il modo in cui ad essi si ricollegavano sensazioni ed emozioni mentre parlava della storia della sua famiglia... tutte queste cose non le ritrovi certo in un clone."

"Ma al tempo stesso, non ho mai visto una mente cosi` ordinata e tranquilla. Non si tratta degli schematismi o degli stereotipi che ti fanno riconoscere a colpo d'occhio un clone: e` qualcosa di diverso, come se ogni pensiero, ogni ricordo, ogni emozione derivassero da una grande pace interiore, una serenita` d'animo che neanche Budda potrebbe avere."

"Spesso noi ESP paragoniamo la mente umana a un torrente di montagna: un continuo ribollire e vorticare di idee, contraddizioni e ripensamenti che si dipanano attorno al flusso principale dei ragionamenti. Per noi riuscire a leggere nella mente significa continuamente scartare flussi secondari, interferenze, "spurie": catturare un pensiero e` a volte come riuscire a scorgere con nitidezza i sassi sul fondo del torrente... e il cervello di quella donna invece era come un grande lago tranquillo dalle acque limpide come il cristallo. Un lago dove riuscivo a contare i sassi, a soppesarli, a guardarli nei dettagli come mai mi era accaduto prima."

"Non credo che quella donna sia completamente umana, Blake. Non e` umana ma non e` neanche un semplice clone: e questo mi fa sospettare che forse questa volta siamo incappati in qualcosa di grosso. E di pericoloso."

"...che e` come dire che sara` meglio tenerla d'occhio. Vero, capo ?" lo interruppe Blake. Nel frattempo erano arrivati all'angolo della strada, dove avevano parcheggiato l'auto.

"Vero. Resta in zona, e se succede qualcosa chiamami all'istante. Betty mi interessa molto: e` l'unica persona che ci puo` portare a Rainus. E inoltre mi deve riparare quel vecchio grammofono..." Le ultime parole si persero nel sibilo del motore, mentre la macchina accelerava avviandosi verso la citta`.

 

"Mela matura nella Ragnatela 14. Sbrigati." Il tono di voce del supervisore non era di quelli che ammettono repliche o esitazioni, e neanche l'aspetto mitigava la situazione. Togliendogli il camice azzurro da bioingegnere, lo si sarebbe scambiato facilmente per un camionista. O un macellaio.

"Arrivo subito..." L'operatore si sporse verso il terminale, e lo mise in stand-by. L'abituale lettura della posta elettronica doveva essere rimandata di un paio d'ore, il tempo di attivare un clone il cui ciclo di maturazione era ormai completato.

Segui` con passo affrettato l'uomo, impegnato a digitare velocemente alcuni comandi sul suo elaboratore portatile. Lungo il corridoio si aprivano, a intervalli regolari, le celle di maturazione dei cloni. La luce livida di un neon illuminava lo scomparto numero 14, ed il freddo intenso non rendeva certo l'ambiente piu` piacevole. Fece qualche passo di corsa, lasciandosi dietro nuvolette di fiato dense e lattiginose come un frappe`.

Diede un'occhiata attraverso l'oblo`, pulendolo dai lievi cristalli di brina formati dalla condensazione. La mela era effettivamente matura: il corpo del clone, di un vivace giallo paglierino a causa del liquido nutritivo in cui era immerso, era scosso da brevi ma intensi tremori, che agitavano tutto l'intricato sistema di sonde, cateteri e interfacce mioelettriche che costituiva la Ragnatela.

Il processo di attivazione era gia` avviato da alcuni minuti, per cui non rimaneva altro che attendere: inizio` a leggere ad alta voce i dati che apparivano sui monitor, snocciolando una lunga litania di termini tecnici e cifre fedelmente digitate dal supervisore sul computer palmare.

L'interno della Ragnatela venne progressivamente vuotato dal liquido, fino al punto in cui con un sibilo l'oblo` rientro` di lato nella parete per lasciar agire alcuni servomeccanismi, che con delicatezza fecero scivolare il corpo nudo su un tavolo di acciaio in mezzo al corridoio. La maggior parte dei cavi destinati al supporto vitale pendevano ormai inerti e sconnessi, con l'eccezione del grande connettore argenteo che terminava la sua corsa in un elettrodo a stretto contatto con l'osso frontale del clone.

Inseri` il proprio badge nel lettore magnetico fissato sulla parete della Ragnatela, e digito` il codice di sicurezza, mentre il suo supervisore faceva la stessa cosa su un lettore sistemato lungo il connettore.

I prossimi secondi sarebbero stati cruciali. Nel momento in cui il cavo di interfaccia principale viene separato dal corpo, il flusso di dati e informazioni proveniente dalla macchina genitrice si interrompe bruscamente. Da quel momento, la mente del clone ha non piu` di due, tre secondi per acquisire il controllo del sistema nervoso. In quei pochi istanti il clone e` perfettamente cosciente della propria situazione e del disperato bisogno di controllare il proprio corpo, e sa che in caso contrario la sua vita durera` meno di un respiro: una lotta fulminea tra la mente ed il corpo, dove chi decide e` solo la legge di probabilita`. La percentuale di sopravvivenza nell'attivazione di cloni e` esattamente del 50%.

- "Tu che dici?" - "Per me questa mela e` bacata. 80 sacchi?" - "Andata. Se sopravvive andro` a cena con Carla a spese tue..."

Con uno schiocco, il cavo connettore venne staccato dalla fronte del clone, che reagi` con un sussulto improvviso e violento, per poi immobilizzarsi in una posa scomposta e innaturale. In fondo agli occhi sbarrati si poteva leggere una lucida, disperata determinazione unita ad un profondo terrore. Il terrore di chi ha tirato una monetina in aria: testa o croce, vivi o muori.

Passarono alcuni istanti, lunghi come l'eternita`. "Una di quelle situazioni in cui nei film in tv mettono il ralenty, e staccano continuamente da un volto all'altro degli attori, per far notare la tensione che cresce.", penso` annoiato mentre osservava il corpo inerte.

Improvvisamente il clone si levo` a sedere, facendo penzolare le gambe giu` dal tavolo. Si guardo` attorno con la faccia stranita per alcuni secondi, poi, rivolgendosi al supervisore, esclamo`: "Mi dispiace per i suoi soldi, ma per mia fortuna lei ha perso la scommessa..."

 

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